Recensione - "Harry Potter e la Pietra Filosofale"

mercoledì 25 gennaio 2017

Buon pomeriggio lettori!

 

Oggi doppio post per la gioia di tutti :D

 

La carinissima Consuelo di Palle di Neve di Co. nonché guida del gruppo Facebook Blog League Event che riunisce i blogger, permettendo loro di condividere i propri post secondo un calendario già stabilito e di cui potete trovare traccia qui, ha organizzato una fantastica maratona dedicata a Harry Potter che durerà per quasi tutto il 2017, guidandoci nella rilettura dell’intera Saga e nella visione (la millesima, ormai :D) dei film della stessa.

 

Questo mese abbiamo riletto, tutti insieme appassionatamente, Harry Potter e la Pietra Filosofale.

 

Ho approfittato di questa fantastica iniziativa per diversi motivi: innanzitutto, perché sono anni che dico che voglio rileggere la Saga di Harry Potter e tra altri libri in attesa, Università, esami e stress vari, non l’ho mai fatto; in secondo luogo perché posso considerarlo il modo migliore per festeggiare la mia completa uscita dall’universo dello studio dopo il Master che ho concluso agli inizi di gennaio; e in ultimo, perché quale momento migliore dell’inverno per addentrarsi nuovamente nelle avventure del mago più famoso del mondo?

 

Inoltre, ho preso due piccioni con una fava, perché ho riletto il primo volume dalla nuova edizione illustrata di Harry Potter che mi sono regalata due anni fa. Finora sono usciti i primi due volumi, ma ogni anno (verso fine ottobre-novembre) per sette anni (ora cinque) ne uscirà uno (sia benedetta la Salani che ci vizia così).

 

Ma partiamo con la scheda del libro.

 

 

Edizione: 245 pagine con illustrazioni

Editore: Salani

Lingua: Italiano

Prezzo: € 24,65 (su IBS.it)

 

 

Trama

 

Nel giorno del suo undicesimo compleanno, la vita di Harry Potter cambia per sempre. Una lettera, consegnata dal gigantesco e arruffato Rubeus Hagrid, contiene infatti delle notizie sconvolgenti. Harry scopre di non essere un ragazzo come gli altri: è un mago e una straordinaria avventura lo aspetta…*

 

*tratto da IBS.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dovete sapere che il mio rapporto con Harry Potter è stato molto controverso e questo perché sono sempre stata una persona anticonformista, a cui non piace dare troppa importanza a quello che fanno gli altri o a cosa va di moda.

Beh, quando frequentavo la seconda/terza elementare Harry Potter era sbarcato al cinema e tutti non facevano altro che parlarne. Era iniziata anche la collezione delle figurine!

Non sopportavo più i miei compagni di classe che discutevano dei personaggi, che si scambiavano le figurine, che mi regalavano addirittura i doppioni, sebbene io non li volessi (devo ancora avere la figurina di Ron da qualche parte…). Non solo non ero andata al cinema a vederlo (io e il cinema ci frequentavamo poco, all’epoca), ma non sapevo neanche dell’esistenza dei libri.

 

Un bel giorno, anzi, dovrei dire sera, mio padre rientra da un viaggio di lavoro a Roma e siccome era solito comprarmi sempre un piccolo regalino (di solito un libro, proprio una cosa a caso…), estrae dal borsone questo bel pacchetto color cielo e io lo scarto tutta contenta, pregustandomi già la prossima lettura e invece… Harry Potter e la Pietra Filosofale mi osserva dalle mie mani e io trascorro una settimana a inveire contro mio padre che sapeva benissimo che Harry Potter non mi piaceva, che avrebbe dovuto regalarmi qualcos’altro. Inutile dirvi che il povero libro è stato abbandonato in un armadio per mesi prima che mi decidessi a dargli una possibilità.

 

 

Neanche allora, però, le cose filarono lisce. I primi capitoli erano di una noia mortale e lo abbandonai senza pentimenti. Quando mi ritrovai senza più nulla da leggere, gli diedi un’altra possibilità, saltando i primi capitoli e ritrovandomi catapultata nel mondo che ormai tutti ben conoscono: Hogwarts.

 

C’è bisogno di dire che mio padre fu costretto, da allora, a comprarmi tutti i volumi al ritorno da un viaggio e che era lui che mi accompagnava ad acquistarli in libreria quando uscivano i nuovi capitoli?

 

Sono costretta a ripetermi: i primi capitoli (ma questo vale per qualsiasi libro della Rowling, a mio avviso) li trovo sempre noiosi e non fa eccezione questa rilettura. Vado molto a rilento nella lettura e penso che, in fondo, non mi interessa affatto sapere cosa diavolo fa Harry tutto il giorno.

Poi, finalmente, arriva Hagrid con il suo modo di fare goffo e un po’ rozzo e tutto, da lì in poi, si illumina, diventa magico.

Diagon Alley con i suoi negozi, la Gringott, i maghi e le streghe vestiti in maniera stravagante…

Mi è davvero mancato vestire i panni di Harry, Ron e Hermione, così come mi era mancato esplorare Hogwarts con loro.

 

La Rowling ha un modo tutto speciale di raccontare le avventure e di caratterizzare i vari personaggi, che speri sempre che il libro duri all’infinito, che non si interrompa mai, perché, a quel punto, potrebbe anche raccontarmi cosa ha mangiato a pranzo o come si cucina il tacchino ripieno, che rimarrei comunque incollata per ore alle pagine.

 

 

La prima avventura del Trio poi, è ancora più intensa, perché ancora non li conosciamo bene, ma sentiamo quasi di averli intorno, come se vivessimo quelle avventure con loro, come se fossimo presenti anche noi nel Castello, ma li seguissimo da lontano, sorridendo quando fanno qualche battuta, preoccupandoci quando combinano qualche guaio, alzando gli occhi al cielo quando Hermione assume l’atteggiamento da so-tutto-io, esultando quando trionfano e facendo il tifo quando Harry gioca a Quidditch e riesce ad acchiappare il boccino, quasi ingoiandolo.

 

Insomma, come ci si può dimenticare della propria infanzia e della propria adolescenza? Io la rivivo insieme a Harry & Co. anche solo sfogliando uno dei libri della Saga.

 

Non chiedetemi del mio personaggio preferito di questo primo capitolo perché lì davvero sarei in difficoltà *coff coff Silente coff coff*.

 

 

Mi rendo conto che probabilmente questa non è neanche una vera recensione, quanto una specie di flusso di coscienza mal riuscito, ma capitemi, ho seria difficoltà a mettere in ordine i pensieri quando si parla di un libro sentimentalmente così importante per me.

Cercherò di fare meglio con i prossimi capitoli ^_^

 

E voi, avete letto Harry Potter durante l’infanzia/adolescenza, oppure l’avete scoperto solo adesso? Qual è il vostro personaggio preferito?

 

Alla prossima!

 

 

Mara

Blogtour "Il Farmacista di Cracovia" di Tadeusz Pankiewicz - Seconda Tappa

 

 

 

Buongiorno lettori!

 

Dalla giornata di ieri e fino al 27 gennaio è partito un Blogtour dedicato al libro - testimonianza Il farmacista di Cracovia di Tadeusz Pankiewicz, disponibile proprio dal 27 gennaio per la UTET Libri.

 

La tappa di ieri sul blog A Tavola coi Libri la potete trovare qui.

 

Oggi il mio angolino si occuperà dei saggi storici e dei documentari inerenti il tema dell’Olocausto.

 

Come tutti saprete, il 27 gennaio è la Giornata della Memoria: approfondimenti, letture e visioni di film a tema sono spesso al centro di tale commemorazione, per non dimenticare, ma soprattutto per far in modo che atrocità del genere non si verifichino mai più.

 

Durante l’ultimo anno del liceo ho avuto la fortuna di avere una professoressa di Storia molto legata al tema che ci ha presentato e invitato a leggere una serie di saggi molto illuminanti sul tema dell’Olocausto e degli ebrei più in generale. Cercherò di illustrarveli nella maniera più chiara e semplice possibile, sperando di non annoiarvi, perché su questo tema, a mio avviso, c’è sempre molto da imparare.

 

 

I 186 gradini di Christian Bernadac (1974)


 

 

La cava era là, con i suoi 186 gradini irregolari, sassosi, scivolosi. Gli attuali visitatori della cava di Mauthausen non possono rendersi conto, poiché in seguito i gradini sono stati rifatti - veri scalini cementati, piatti e regolari - mentre allora erano semplicemente tagliati col piccone nell'argilla e nella roccia, tenuti da tondelli di legno, ineguali in altezza e larghezza.

 

 

Conosciuto anche con il nome di Tra i morti viventi di Mauthausen, I 186 gradini é un saggio redatto dal giornalista e scrittore francese Christina Bernadac sulla base di ricerche storiche e testimonianze dei sopravvissuti al campo di concentramento di Mauthausen, presso Linz, nell’Alta Austria.

 

Il campo di Mauthausen è stato uno dei più crudeli campi di concentramento in funzione durante il regime del Terzo Reich e ospitò, dal 1939 al 1945, oltre centocinquantamila deportati tra detenuti comuni e detenuti politici.

 

L’autore descrive con dovizia di particolari e con l’ausilio di documenti originali tra cui disposizioni scritte, lettere, circolari del comando SS e testimonianze di reduci, la vita all’interno del campo e nei sotto-campi di Mauthausen, una vera e propria fortezza del terrore:

 

Fortezza… Contemporaneamente fortino e acropoli, muraglie gigantesche. Granito e cemento armato dominanti il Danubio: strani speroni coperti da cappelli cinesi; fili spinati e porcellana intreccianti un'insuperabile rete elettrica di protezione. Sì! La più formidabile cittadella costruita sulla Terra dal Medio Evo. Mauthausen. Mauthausen in Austria. Mauthausen dai 155.000 morti.

 

Il titolo fa riferimento alla scalinata - la cosiddetta scala della morte - scavata nella roccia della collina su cui sorgeva il campo e che collegava una cava sottostante, aperta nel ventre dell’altura, per l’estrazione del granito.

La scala collegava le baracche in cui erano reclusi i deportati e le viscere della cava. I reclusi erano costretti a salire e scendere i centottantasei gradini della scala più volte al giorno, portando sulle spalle pesanti sacchi pieni di massi. Spesso l’uso della scala era un semplice pretesto per eliminazioni di massa.

 

I prigionieri, esausti per le ore di duro lavoro e arsi dalla sete e dalla fame, collassavano di fronte ad altri prigionieri che formavano la linea, travolgendone a decine in un terribile effetto domino. Le guardie armate, inoltre, si divertivano per scommessa a spingere di sotto qualche detenuto per vedere quanti altri ne venivano trascinati nella caduta.

 

Le brutalità non finivano qui: alcuni prigionieri venivano allineati lungo il bordo del precipizio conosciuto con il nome di muro dei paracadutisti e venivano costretti a scegliere tra un colpo di pistola o la morte del prigioniero vicino, che avrebbero dovuto spingere di sotto.

 

Approssimativamente, 122.000 internati trovarono la morte nel campo di Mauthausen.

 

 

Aushwitz spiegato a mia figlia di Annette Wieviorka (1999)

 

 

 

Il libro, scritto dalla docente di Storia Annette Wieviorka, è frutto del dialogo avuto con la figlia tredicenne, Mathilde. La ragazza aveva notato sul braccio di Berte, un’amica di Annette, un numero di colore azzurrognolo che la porta a spingersi a porre numerose domande alla madre sul perché di quel numero e su molti altri eventi verificatisi durante la Shoah. Annette, per nulla intimorita dalla curiosità della figlia, risponde in maniera esaustiva a tutte le domande.

 

 

 

Medico ad Aushwitz. Memorie di un deportato assistente del dottor Mengele di Miklòs Nyiszli (1946)

 

 

Pietra miliare della letteratura e della testimonianza concentrazionaria, il libro consiste in un saggio storico scritto dal medico di fede ebraica Miklòs Nyiszli poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’intento di raccontare le atrocità a cui aveva assistito da deportato all’interno del campo di Aushwitz.

 

Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1946 in lingua ungherese e successivamente è stato tradotto in diverse lingue. In italiano non esistono traduzioni dalla versione originale, ma solo mediate dal francese o dal polacco, pubblicate con diversi titoli.

 

*In questo libro racconta le circostanze nelle quali riuscì a evitare la morte nel lager di Auschwitz e negli altri tre campi di concentramento in cui fu trasferito durante le marce forzate (ricordate come le marce della morte) susseguenti l'evacuazione dalle varie zone di concentramento durante i concitati mesi che precedettero, fra l'inverno e la primavera del 1945, la fine del Terzo Reich.

Nel libro, Nyiszli - che in Germania aveva studiato e lavorato per dieci anni prima della guerra - narra gli orrori a cui ha assistito e la sua esperienza di deportato addetto ad un Sonderkommando (morti viventi il cui destino era quello di essere soppressi al termine di un servizio di quattro mesi) come braccio destro (suo malgrado) di Josef Mengele, uno dei responsabili della pratica di test medici sugli ebrei vittime dei campi di sterminio.

 

Al suo arrivo ad Auschwitz, Nyiszli si offrì volontario come medico e fu assegnato per il servizio di assistenza sanitaria alle baracche del settore 12. Notato da Mengele per la sua abilità professionale, fu da questi aggregato come medico anatomo-patologo al dodicesimo Sonderkommando e trasferito nel crematorio numero 1, appositamente per approntarvi e allestire una sala per le autopsie fornita delle più moderne attrezzature reperibili, come supporto alla criminale ricerca scientifica del dottor Mengele.

 

In questa sala settoria del crematorio i medici SS cercavano di trovare le differenze anatomiche tra la loro razza "ariana" e quella degli "inferiori". Nyiszli ci narra che stavano rapiti ad assistere alle autopsie che lui eseguiva, quasi con orgoglio e un nodo di commozione alla gola, certi di scoprire la chiave che dimostrasse la veridicità della loro dottrina “emogenetica".

 

Normali autopsie che però destavano questo immenso interesse tra i nazisti, esaltati e convinti di poter dimostrare scientificamente la loro superiorità genetica; alla fine furono solo osservazioni ed esperimenti empirici, come la ricerca della pietra filosofale, che oltre a misurare crani, annotare il colore degli occhi, pelle o capelli, ovviamente non portarono mai a risultati seri e concreti: la razza ariana come loro la concepivano semplicemente non esisteva.*

 

*tratto da Wikipedia - L’Enciclopedia libera

 

 

Da citare, in quanto anch’esso pietra miliare della letteratura sul genere, il saggio La banalità del male di Anna Arendt, di cui potete trovare qui ulteriori informazioni.

 

 

 

 

 

DOCUMENTARI


 

 

Notte e nebbia di Alain Resnais (1956)

 

Il documentario, realizzato nel 1956 su un progetto dello storico Henri Michel e con il patrocinio del Comité d’histoire de la Seconde Guerre Mondiale in occasione del decimo anniversario della Shoah, dura trentadue minuti e mostra materiali d’archivio incentrati sulle atrocità compiute dai nazisti, sulla vita nei lager e sugli internati, le vittime principali. Alterna immagini in bianco e nero a immagini a colori che rappresentano la contrapposizione tra il passato e il presente.

 

 

Paragraph 175 di Rob Epstein e Jeffrey Friedman (2000)

 

*Il film raccoglie la testimonianza di diversi uomini e donne che furono arrestati dai nazisti per omosessualità in base al paragrafo 175, la legge contro la sodomia del codice penale tedesco, che risaliva nella prima stesura al 1871, e che fu inasprito dai nazisti.

 

Tra il 1933 e il 1945, 100.000 persone furono arrestate in base al paragrafo 175. Alcuni di essi vennero imprigionati, altri mandati in campo di concentramento. Solo 4.000 sopravvissero.

 

Nel 2000, si sapevano ancora in vita meno di dieci di questi uomini. Cinque di loro uscirono allo scoperto nel documentario e raccontarono le loro storie, considerate le ultime del Terzo Reich rimaste ancora sconosciute, per la prima volta: Karl Gorath, Heinz Dormer, Pierre Seel, Albrecht Becker, Heinz F.

 

Paragraph 175 racconta di un vuoto nella memoria storica ufficiale e ne rivela le conseguenze che ancora persistono, raccontate dalle storie private di uomini e donne che le hanno vissute: il combattente della resistenza gay e per metà ebreo che negli anni della guerra aiutò i rifugiati a Berlino; l'ebrea lesbica che fuggì in Inghilterra con l'aiuto della donna che amava; il fotografo tedesco, cristiano, che, arrestato e incarcerato per omosessualità e successivamente rilasciato, si arruolò nell'esercito poiché "voleva stare con degli uomini”; Pierre Seel, un ragazzo dell'Alsazia-Lorena che vide il suo amante torturato e ucciso in un lager.*

 

*tratto da Wikipedia - L’Enciclopedia libera

 

 

I miei suggerimenti di lettura e approfondimento terminano qui. Per quanto tutto questo sia triste e spesso non si ha voglia di sentirne parlare perché assistiamo ogni giorno a ingiustizie, violenze e razzismo, è importante mantenere vivo il ricordo di tutti coloro che hanno sofferto nei campi di concentramento, per non ripetere gli stessi errori.

 

Vi ricordo le altre tappe del Blogtour:


26/01 Hook a Book - Libri/Film sulla Memoria

 

27/01 Lo Specchio dell’Anima - Recensione del libro Il Farmacista di Cracovia di Tadeusz Pankiewicz

 

 

Alla prossima!

 

 

Mara

 
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